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Impellenza-madre
Sette consigli per il rientro
Facciamo un giretto
Possono però verificarsi alcune circostanze in cui, vuoi perché si è in vacanza, o semplicemente perché il bambino di punto in bianco ha deciso di non volere più andare a dormire dopo pranzo (salvo addormentarsi sistematicamente nel tardo pomeriggio, e rifiutarsi poi di andare a dormire se non a tarda, tardissima nottata).
Poiché la necessità aguzza l’ingegno e anche lo stoicismo, ecco alcune situazioni patologicamente interessanti che vedono come protagonisti i genitori nell’ora della siesta.
Immaginate un ribollente agosto in un’isola greca. Alle 14:00 il sole spacca le pietre, fonde l’asfalto, fa evaporare un bicchiere d’acqua in otto minuti netti. In giro non c’è un anima, a parte qualche vecchina vestita di nero al fresco di un portico o all’ombra dei rampicanti. Il resto delll’umanità è sotto un ombrellone, o in mezzo al mare, o immersa in una piscina o ad ustionarsi su una sdraio. Il silenzio è interrotto solo dalle cicale e alcuni cigolii.
Cosa sono questi cigolii?
“Anche oggi, eh?” Dice il papà pinco con aria simpatetica.
“Eh sì, anche oggi.” Risponde la mamma pallina con un sospiro.
I due si incrociano in opposte direzioni, ciascuno sospingendo il proprio passeggino. Chi in discesa, chi in salita lungo la strada sterrata.
“E’ dura, eh?” Dice la mamma pallina a cui per fortuna tocca ancora la discesa.
“Non me ne parli. Ieri ci ho messo quarantacinque minuti.” Risponde la mamma caia più sudata di una scaricatore de Il Cairo.
Le due s’incrociano al bivio della circonvallazione del paese.
“Speriamo di non rivederci.”
“Speriamo di no.” Si dicono congendandosi.
Il sole è ora una palla di fuoco.
“Ancora niente?” Chiede mamma caia, ispirata dall’approssimarsi della discesa.
“Macché, oggi non ne vuole sapere. Sono già al quarto giro” Risponde papà sempronio incupito dall’approssimarsi della salita.
Alle ore 14:00 sulle stradine sterrate e periferiche delle isole greche, strane e imperscrutabili amicizie si formano tra le infinite circonvallazioni dei sospingitori di passeggini.
Oppure prendiamo una mamma, tranquilla e disonvolta, che con ogni tempo, ogni clima, ogni impegno, quotidianamente alle 13:30, terminato il pasto e letta la favola, dica al proprio treenne.
“Facciamo un bel giretto in macchina?”
Il treenne in questione, essendo pienemente convinto che la madre sia matta da legare (che non si capisce perché ogni santo giorno si ostini a caricarlo in macchina e a girare e rigirare intorno all’isolato) accetta pervaso da un malinconico senso di pietà verso la genitrice.
“Ma dove andiamo, mamma?” Chiede mentre lei lo aggancia al seggiolino.
“Da nessuna parte. Facciamo un bel giretto. Vediamo il panorama…”
“Ma perché dobbiamo sempre fare questi giretti, mamma?”
“Vuoi un po’ di musica, amore?” chiede lei accendendo la radio e mettendo in moto.
Poi lui, regolarmente, al secondo giro s’addormenta come un sasso.
E non aveva più niente
La crescita dei figli, al contrario, è un fatto puramente irrazionale. Talvolta, nel genitore distratto, può anche dar adito ad una sindrome allucinatoria. I figli infatti crescono improvvisamente dalla notte al giorno a intervalli casuali e occasionali che abbattono ogni legge fisica.
Ecco dunque che il vostro primogenito continua a indossare gli stessi abiti per un lungo, lunghissimo tempo, e salvo l’occasionale acquisto causa logoramento vi dimenticate perfino che abbia bisogno di vestiti e non sia nato direttamente dentro a quelli che gli avete sempre visto addosso. Poi una mattina lui si veste, viene da voi, lo guardate e lanciate un urlo. I pantaloni, indossati perfettamente fino al giorno prima, ora sono alla saltafosso, il maglioncino ampio e comodo ora sembra spremere il bambino come un tubetto di dentifricio, le lunghe maniche dai tripli risvolti ora gli arrivano ai gomiti.
Osservate la taglia: dai 5 ai 6 anni. Vostro figlio ne ha 7. Panico.
Anche per la madre ben organizzata, quella che tende a pianificare e distribuire le spese, quella che di tanto ai saldi compra le cose di una taglia in più, rivestire i figli non è mai un piacevole gironzolare, selezionare, valutare, combinare. No, una mattina la mamma si sveglia, guarda il figlio e si precipita fuori armata di tutto, contanti, carte di credito, libretti degli assegni.
“Sa…” Dirà alla commessa, sommersa da un Everest di vestiti, dopo aver ipotecato casa, “…non aveva più niente…”
C’è poi sempre quel cassetto, quello di emergenza, quello con i vestiti di una taglia in più che avete comprato ai saldi. Scordatevelo. I bambini infatti non crescono di una taglia, crescono di tre, avendo saltanto a pié pari la taglia che con anticipo gli avrete comprato.
Se pensate allora, credendovi furbe o parsimoniose o ambientaliste o anticonsumistiche, di riciclare gli abiti dei primogeniti per i vostri secondogeniti, tenete presente che nel 99 periodico per cento dei casi si applica la legge di Murphy della mamma relativa al vestiario:
1. Il secondo figlio è di solito di sesso diverso dal primo.
2. Anche se il secondo figlio è delle stesso sesso del primo sarà probabilmente nato nell’opposta stagione e dunque non riuscirete ad utilizzare nessuno dei capi di vestiario appartenuti al fratello maggiore.
3. Anche se il secondo figlio è dello stesso sesso del primo ed è nato nella stessa stagione avrà una conformazione fisica e ritmi di crescita completamente diversi.
4. Nel caso in cui il secondo figlio fosse dello stesso sesso del primo, fosse nato nella stessa stagione e avesse la stessa conformazione fisica, riuscirete a ritrovare in soffitta la valigia dei vecchi abiti solo quando ormai sarà troppo tardi per utilizzarli.
Vanghe e zappe
“Sì signora, in che cosa possiamo servirla?”
“Sa, noi adesso stiamo vivendo un periodo un po’ strano in cui stiamo tutti a casa appassionatamente. E come saprà bene, in un’era in cui si vive di stress e ritmi insostenibili, periodi eccessivi di serenità ed armonia possono dare alla testa.”
“Certo, capisco. Può capitare.”
“Fatto sta che siamo stati colti da psicosi maso-naturalistico-ambientalista e vogliamo cominciare a vangare e zappare la terra, disserbare, piantare, innaffiare, innestare, potare per un numero imprecisato di ore al giorno con ogni clima, ogni temperatura e tasso d’umidità, preoccupandoci al tempo stesso di rincorrere un treenne vulcanico e calare giù dal cyber-spazio un settenne visionario. Tutto allo scopo di crescerci i nostri ortaggi.”
“Mi sembra che avete le idee chiare.”
“Sì, ma vede, il problema è che nel nostro giardino se piantiamo due zucchine non c’è più spazio neanche per una carota. Potete aiutarci?”
“Ma certamente signora. Siamo sempre lieti d’incoraggiare iniziative di stampo maso-naturalistico-ambientalista. Se vuole le possiamo dare in usufrutto un piccolo appezzamento di 120mq a mezzo chilometro da casa dove potrà vangare, zappare, disserbare, piantare, innaffiare, innestare, potare per un numero imprecisato di ore al giorno con ogni clima, ogni temperatura e tasso d’umidità.”
“Fantastico! E quanto costa?”
“Ma una cifra simbolica. D’altra parte se voi mantenete il terreno e lo rendete produttivo fate un favore a tutta la comunità. Sono in tutto 13 Sterline l’anno.”
Così, in piena crisi maso-naturalistico-ambientalista ora la Rapefamiglia gode di 120mq di orto dove potrà vangare, zappare, disserbare, piantare, innaffiare, innestare, potare per un numero imprecisato di ore al giorno e probabilmente, tra un pomodoro, una patata e un fagiolino perdersi i figli in un qualche attiguo pollaio.
Quello che Rape’…
a) leccato come un cono gelato
b) rosicchiato come un croccantino
c) dato in testa al fratello come una mazza
d) lanciato stile giavellotto
Difficile inoltre fargli capire che i circa otto tasti presenti in tale telecomando li può innocuamente premere tutti tranne uno, quello che spegne l’intera console.
Il costo della sopravvivenza
Ha ripreso a nevicare.
Oggi Rape’ ha dato fondo ai suoi risparmi, caricato tutti in macchina ed è andata a comprare il Nintendo Wii.
La sopravvivenza non è economica.