Tutti i bambini in un modo o nell’altro sono difficili. Fa parte della natura umana. Certo, nella valutazione dei pesi e delle misure, alcuni sono più difficili di altri. Ma in cosa sta la difficoltà? Per i genitori si tratta spesso di un problema di gestione a trecentosessanta gradi. Ogni membro familiare occupa un proprio spazio e quando un bambino, vuoi per emotività, comportamento o problematiche varie ne occupa così tanto da non lasciarne alcuno agli altri è dura.
A scuola è diverso, se non altro perché è una struttura appositamente organizzata e perché l’orario scolastico ha un inizio ed una fine. I bambini difficili diventano un problema serio se sono troppi per le risorse a disposizione, oppure se il loro comportamento è altamente distruttivo.
Nella scuola dove lavora Rape’, per fortuna, i bambini veramente difficili sono pochi, e nella maggior parte dei casi, con il tempo si riesce ad instaurare una struttura intorno a loro perché la difficoltà si ridimensioni.
Ma la difficoltà ha diverse sfumature. Viene subito da pensare ai bulli o ai bambini violenti o seriamente indisciplinati. In realtà, nella sua esperienza Rape’ ha sempre trovato quei bambini i più facile da gestire. Di solito, certe difficoltà si riscontrano nei primi anni delle elementari. Sono bambini che arrivano a scuola senza alcuna esperienza di disciplina a casa, ma già verso la fine della seconda elementare tutto rientra nei ranghi, e anche i più ostici trovano il loro equilibrio nella comunità scolastica.
Più impegnativa è invece la gestione degli emotivamente vulnerabili, quelli che fanno fatica a fare amicizia, si isolano, dicono spesso le cose sbagliate al momento sbagliato e sono facili prede di altri (che non sono necessariamente bulli, ma personalità più forti). Spesso hanno la sindrome di Asperger, ma se sono autistici funzionali, non è detto che vengano diagnosticati, soprattutto perché per sottoporli ad un test vero e proprio ci vuole il consenso dei genitori, che non sempre vogliono accettare e affrontare il problema. In questi casi una scuola deve operarsi al meglio aiutando i bambini in questione ad uscire dal loro guscio, salvaguardandoli da chi si avvantagia della loro vulnerabilità. Succede poi però, dopo anni di battaglie, riusciti finalmente a far accettare ai genitori che il bambino ha un rapporto diverso con gli altri, fatica ad interagire ed è emotivamente vulnerabile, che questi decidano di iscriverlo alle superiori ad una scuola maschile, casa di macho-giocatori di rugby, futuri scienziati, famosa per il bullismo. Del figlio non hanno capito una cippa. Lui, che ha undici anni e una maturità di sette, alieno allo sport, giovane poeta ipersensibile, ignaro del mondo esterno… sarà carne da macello. Purtoppo talvolta i bambini difficili hanno genitori idioti.
Ci sono poi gli attention seekers, quelli in continua ricerca di attenzione, che vengono ogni cinque minuti per ogni fesseria, come se l’intero playground fosse un complotto contro di loro, mentre in realtà sono loro a provocare per avere poi un motivo per poter lamentarsi degli altri. A loro modo sono dei bulli, ma senza seguito. Godono nel seminare zizzania, spettegolare contro gli altri. Questi sono quelli con cui Rape’ ha pochissima pazienza, magari è un suo limite, ma l’empatia in questi casi tocca i minimi possibili.
Seguono gli immaturi. Tra loro c’è un bambino di sesta che potrebbe tranqulllamente stare all’asilo non fosse che (fuori della scuola, anche contro la madre) usa un linguaggio da scaricatore di porto, pianta bizze da treenne al supermercato e fa il bullo con le sorelle. E’ una famiglia difficile, quatto figli, madre di nuovo incinta, non se li fila nessuno. C’è anche una bambina di terza arrivata da poco, ha talmente soggiogato la madre a furia di capricci e bizze che non sa più a chi santo votarsi per avere un po’ di controllo. Il suo comportamento estremo è un grido d’aiuto: dispetti, broncetti, incrocia le braccia e si rifiuta di lavorare, fa finta di non sentire, si rifiuta di obbedire, strilla. La madre è una larva, appiattita sotto il rullo compressore-figlia e dell’altro figlio che, a tre anni, è sulla buona strada della sorella. A scuola la bambina non ha molto successo con queste pratiche però lavorarci e gestirla è un bel paio di maniche. Nel suo caso, è stata coinvolta una psicologa che la incontra tutte le settimane. Malgrado la difficoltà però a Rape’ questi due bambini piacciono molto, in nessuno dei due casi denota malizia. Sono entrambi vittime: il primo di una madre con troppi figli e troppa poca educazione; l’altra di una madre con una personalità troppo debole.
Ci sono i bambini che si rifiutano di venire a scuola e che le madri trascinano di forza tra urli e strepiti, fino a spingerli dentro e via a chiudere la porta subito. Un giorno uno di questi bambini l’ha fatta in barba a Rape’. Mentre il maestro le diceva di assicurarsi che non uscisse dall’altra porta, lui è svicolato da una terza porta. La nostra, credendosi furba, ha fatto il giro dall’altra parte, pensando di ritrovarselo davanti, ma lui sapeva che il portone principale era ancora aperto e così anche il cancello. Solo in quel momento Rape’ si è accorta di fare una cosa che non andrebbe mai fatta: corrergli dietro. Resasi conto, si è fermata subito, mentre lui era ancora nel cortile. Per quanto assurdo possa sembrare, il personale scolastico non può mai rincorrere un bambino che scappa, né trattenerlo con la forza. Se il bambino finisse sotto una macchina perché inseguito la responsabilità ricadrebbe sull’inseguitore. Vista Rape’ che si fermava, lui l’ha osservata titubante vicino al cancello d’ingresso, come se non aspettasse altro che essere bloccato. E’ rimasto lì per un po’. “Ora torna indietro” ha pensato la nostra. Invece alla fine è uscito. A Rape’ ci sono volute diverse ore per riprendersi. Poi se ne è fatta una ragione, s’impara ad accettare anche il fallimento, e che non c’è molto da fare in questi casi fuorché chiamare la polizia e avvertire i genitori.
Infine ci sono i casi più ardui, i bambini con i genitori piantagrane. Sono quelli che guai anche solo a rimproverali, magari perché hanno spintonato a terra qualcuno, che la madre in un nanosecondo sarà dal preside con l’ascia di guerra. E’ un guaio, perché per quanto si cerchi di restare obiettivi, l’idiosincrasia del personale scolastico per il genitore piantagrane non può non ripercuotersi sul bambino. Si finisce per interagire con distacco, sapendo che per ogni episodio, si stenderà un accurato rapporto con data, ora, evento, testimoni. L’interazione con il bambino perde naturalezza e diventa un continuo coprirsi le spalle, soprattutto perché il bambino con il genitore che giustifica tutto impara presto a manipolare le situazioni ed è incapace di accettare la propria reponsabilità.