C’è sempre speranza

Carissima…
“Mamma! Guarda!” Irrompe Figlio-Uno, computer in mano. “Sono riuscito ad usare il green screen e farmi apparire in un’astronave!” Rape’ osserva estatica gli effetti speciali del figlio cineasta.
…scusa…
“Mamma!” Chiama Figlio-due dalla cucina, ha aperto tre cassetti e tirato fuori un numero imprecisato di oggetti tra cui forbici e scotch. “Mi aiuti a finire il mio libro?” I libri di Figlio-due sono una serie di fogli bianchi rilegati con lo scotch su cui scrive una parola per pagina. Anche questo è un inizio.
se ti…
“Mamma! Riecco Figlio-uno, sempre con il laptop in mano. Le mostra una serie di tutorials che dovrebbero svelarle ciscuno dei numerosi misteri di Adobe After Effects.
…rispondo…
 “Mamma!” Figlio-due reclama la merenda. Rape’ gli passa una banana.
… solo ora, ma…
 “Mamma!” Figlio-uno, appare per la terza volta con il laptop, sta per farle vedere qualche cosa ma s’interrompe. Sbircia lo schermo della genitrice.
“Mmhh, credevo stessi scrivendo un altro libro. Quando lo scrivi un altro libro?”
Rape’ lo osserva con un’espressione da ameba, poi sposta lo sguardo laconico verso le otto parole otto della mail che da giorni sta tentando di scrivere.
La vita è lunga, c’è sempre speranza.

Bambini difficili

Tutti i bambini in un modo o nell’altro sono difficili.  Fa parte della natura umana. Certo, nella valutazione dei pesi e delle misure, alcuni sono più difficili di altri. Ma in cosa sta la difficoltà? Per i genitori si tratta spesso di un problema di gestione a trecentosessanta gradi. Ogni membro familiare occupa un proprio spazio e quando un bambino, vuoi per emotività, comportamento o problematiche varie ne occupa così tanto da non lasciarne alcuno agli altri è dura. 
A scuola è diverso, se non altro perché è una struttura appositamente organizzata e perché l’orario scolastico ha un inizio ed una fine. I bambini difficili diventano un problema serio se sono troppi per le risorse a disposizione, oppure se il loro comportamento è altamente distruttivo.
Nella scuola dove lavora Rape’, per fortuna, i bambini veramente difficili sono pochi, e nella maggior parte dei casi, con il tempo si riesce ad instaurare una struttura intorno a loro perché la difficoltà si ridimensioni.
Ma la difficoltà ha diverse sfumature. Viene subito da pensare ai bulli o ai bambini violenti o seriamente indisciplinati. In realtà, nella sua esperienza Rape’ ha sempre trovato quei bambini i più facile da gestire. Di solito, certe difficoltà si riscontrano nei primi anni delle elementari. Sono bambini che arrivano a scuola senza alcuna esperienza di disciplina a casa, ma già verso la fine della seconda elementare tutto rientra nei ranghi, e anche i più ostici trovano il loro equilibrio nella comunità scolastica.
Più impegnativa è invece la gestione degli emotivamente vulnerabili, quelli che fanno fatica a fare amicizia, si isolano, dicono spesso le cose sbagliate al momento sbagliato e sono facili prede di altri (che non sono necessariamente bulli, ma personalità più forti). Spesso hanno la sindrome di Asperger, ma se sono autistici funzionali, non è detto che vengano diagnosticati, soprattutto perché per sottoporli ad un test vero e proprio ci vuole il consenso dei genitori, che non sempre vogliono accettare e affrontare il problema. In questi casi una scuola deve operarsi al meglio aiutando i bambini in questione ad uscire dal loro guscio, salvaguardandoli da chi si avvantagia della loro vulnerabilità. Succede poi però, dopo anni di battaglie, riusciti finalmente a far accettare ai genitori che il bambino ha un rapporto diverso con gli altri, fatica ad interagire ed è emotivamente vulnerabile, che questi decidano di iscriverlo alle superiori ad una scuola maschile, casa di macho-giocatori di rugby, futuri scienziati, famosa per il bullismo. Del figlio non hanno capito una cippa. Lui, che ha undici anni e una maturità di sette, alieno allo sport, giovane poeta ipersensibile, ignaro del mondo esterno… sarà carne da macello. Purtoppo talvolta i bambini difficili hanno genitori idioti. 
Ci sono poi gli attention seekers, quelli in continua ricerca di attenzione, che vengono ogni cinque minuti per ogni fesseria, come se l’intero playground fosse un complotto contro di loro, mentre in realtà sono loro a provocare per avere poi un motivo per poter lamentarsi degli altri. A loro modo sono dei bulli, ma senza seguito. Godono nel seminare zizzania, spettegolare contro gli altri. Questi sono quelli con cui Rape’ ha pochissima pazienza, magari è un suo limite, ma l’empatia in questi casi tocca i minimi possibili.
Seguono gli immaturi. Tra loro c’è un bambino di sesta che potrebbe tranqulllamente stare all’asilo non fosse che (fuori della scuola, anche contro la madre) usa un linguaggio da scaricatore di porto, pianta bizze da treenne al supermercato e fa il bullo con le sorelle. E’ una famiglia difficile, quatto figli, madre di nuovo incinta, non se li fila nessuno. C’è anche una bambina di terza arrivata da poco, ha talmente soggiogato la madre a furia di capricci e bizze che non sa più a chi santo votarsi per avere un po’ di controllo. Il suo comportamento estremo è un grido d’aiuto: dispetti, broncetti, incrocia le braccia e si rifiuta di lavorare, fa finta di non sentire, si rifiuta di obbedire, strilla. La madre è una larva, appiattita sotto il rullo compressore-figlia e dell’altro figlio che, a tre anni, è sulla buona strada della sorella. A scuola la bambina non ha molto successo con queste pratiche però lavorarci e gestirla è un bel paio di maniche. Nel suo caso, è stata coinvolta una psicologa che la incontra tutte le settimane. Malgrado la difficoltà però a Rape’ questi due bambini piacciono molto, in nessuno dei due casi denota malizia. Sono entrambi vittime: il primo di una madre con troppi figli e troppa poca educazione; l’altra di una madre con una personalità troppo debole.
Ci sono i bambini che si rifiutano di venire a scuola e che le madri trascinano di forza tra urli e strepiti, fino a spingerli dentro e via a chiudere la porta subito. Un giorno uno di questi bambini l’ha fatta in barba a Rape’. Mentre il maestro le diceva di assicurarsi che non uscisse dall’altra porta, lui è svicolato da una terza porta. La nostra, credendosi furba, ha fatto il giro dall’altra parte, pensando di ritrovarselo davanti, ma lui sapeva che il portone principale era ancora aperto e così anche il cancello. Solo in quel momento Rape’ si è accorta di fare una cosa che non andrebbe mai fatta: corrergli dietro. Resasi conto, si è fermata subito, mentre lui era ancora nel cortile. Per quanto assurdo possa sembrare, il personale scolastico non può mai rincorrere un bambino che scappa, né trattenerlo con la forza. Se il bambino finisse sotto una macchina perché inseguito la responsabilità ricadrebbe sull’inseguitore. Vista Rape’ che si fermava, lui l’ha osservata titubante vicino al cancello d’ingresso, come se non aspettasse altro che essere bloccato. E’ rimasto lì per un po’. “Ora torna indietro” ha pensato la nostra. Invece alla fine è uscito. A Rape’ ci sono volute diverse ore per riprendersi. Poi se ne è fatta una ragione, s’impara ad accettare anche il fallimento, e che non c’è molto da fare in questi casi fuorché chiamare la polizia e avvertire i genitori.
Infine ci sono i casi più ardui, i bambini con i genitori piantagrane. Sono quelli che guai anche solo a rimproverali, magari perché hanno spintonato a terra qualcuno, che la madre in un nanosecondo sarà dal preside con l’ascia di guerra. E’ un guaio, perché per quanto si cerchi di restare obiettivi, l’idiosincrasia del personale scolastico per il genitore piantagrane non può non ripercuotersi sul bambino. Si finisce per interagire con distacco, sapendo che per ogni episodio, si stenderà un accurato rapporto con data, ora, evento, testimoni. L’interazione con il bambino perde naturalezza e diventa un continuo coprirsi le spalle, soprattutto perché il bambino con il genitore che giustifica tutto impara presto a manipolare le situazioni ed è incapace di accettare la propria reponsabilità.

La fisica del bambino

L’energia cinetica del bambino è un mistero che la scienza moderna non riesce ancora a spiegare. Nell’energia cinetica tradizionale (quella che sorregge l’universo e che s’impara a scuola, per capirci) occorre una massa m e un lavoro che si deve compiere su tale massa per farla muovere. La mamma, adeguandosi modestamente alle leggi della fisica, necessita dunque di molta energia per affrontare la giornata: si tratta del lavoro che deve compiere sulla propria già stanca massa m, regolarmente stracotta, per portarla ad una velocità assegnata in grado di arrestare l’accelerazione di particelle dei figli. Questa energia, nel corso della giornata, va gradualmente a decrescere fino ad esaurirsi, in quanto la mamma non riesce ad esercitare più alcun lavoro e sogna solo le due pezze.
Vediamo invece cosa accade nel bambino. In lui il lavoro che si deve compiere sulla massa m per portarla ad una certa velocità assegnata è inesistente, in quanto tale massa è dotata di un misterioso moto autonomo la cui origine e natura è ancora in piena fase di ricerca. Ma non è tutto. Nel bambino si verifica anche un’ulteriore anomalia. Tale energia invece di diminuire fino ad esaurirsi accresce nel corso della giornata per il classico effetto feedback, il riverbero energetico tipico dell’infanzia, e può essere espressa matematicamente come il semiprodotto della massa-bambino per il quadrato del modulo della sua velocità moltiplicata al cubo del grado di stanchezza. In breve, i giovani pac man più sono stanchi e più rullano.
Siamo dunque di fronte ad un problema d’incompatibilità energetica. Se l’energia dei secondi col trascorrere delle ore, accresce esponenzialmente trasformando il bambino in una centrifuga, l’energia delle prime viene invece sotterrata da un groviglio inestricabile di radici quadrate che la riducono ad uno stato larvoidale.
Soluzioni alternative alla crescita naturale del figli o al Valium sono ancora in fase di studio ma con esiti poco incoraggianti.

Impellenza-madre

Talvolta i bambini vengono colti da un raptus meglio definito come impellenza-madre. Si manifesta in modo improvviso e repentino anche in bambini all’apparenza indipendenti. Di solito esplode con un urgenza deflagrante, imprescindibile e improrogabile. Le cause sono da rinvenirsi in alcune attività cui sono dedite le genitrici.
Vediamo alcune situazioni  scatenanti:
1. La cornetta del telefono
Quest’oggetto nelle mani della madre suscita gravi squilibri nell’assetto nervoso del bambino. La reazione solitamente è fulminea. La torre di Lego crolla, l’aereo precipita, il circuito ferroviario costruito con cura per ore abbandonato. La madre al telefono è un richiamo primordiale, un’urgenza uterina, un fabbisogno viscerale. La mamma con una cornetta in mano è una calamita che attrae il bambino anche quando lui non la vede, anche se lei ad un altro piano, anche se sta dietro una porta chiusa, anche se lei si muove in punta di piedi e digita un numero con un paio di guanti. Il bambino recepisce la mamma telefono come un transistor.
2. La doccia
La prole risponde alla mamma insaponata come Fido al lancio del bastone. L’istinto ad accorrere è irrefrenabile. Lo scrosciare dell’acqua ispira un bisogno spasmodico di comunicare. Il bambino irrompe allora nel bagno dietro la spinta di racconti improrogabili e domande impossibili e irrinunciabili. 
3. Il gabinetto
Se la mamma si chiude dentro abbatteranno la porta, se lei la lascia aperta le sue sedute diventeranno plenarie.
4. La notizia importante al telegiornale
La mamma non va oltre la sigla di apertura da quando è incinta.

Forza di gravità

Rape’ va a recuperare Figlio-uno tre case più su dove abita L, suo nuovo compagno di avventure intergalattiche. S’intrattiene per qualche minuto con D, mamma di L.
A un certo D chiede al proprio pargolo:
“Per cena preferisci la carne o la pasta?”
“La pasta, mamma. I carboidrati fanno bene” risponde lui con naturalezza.
D osserva prima il figlio e poi Rape’ con gli occhi fuori dalle orbite.
“Tranquillla” osserva la nostra “Figlio-uno quando si siede dice che è per via della forza di gravità.”

In base al potere e alla dignità conferitimi

“Mrs Raperonzolo, Angelina si è comportata molto male”.
E’ la prima giornata dal clima mite, sono otto gradi dopo un inverno polare. Raperonzolo è di turno in cortile durante l’ora del pranzo. Non indossa più stivali, sciarpone e colbacco ed è ora riconoscibile alla giungla infantile in tutta la sua umanità post glaciale.
L., il bambino che le ha parlato abita due case accanto, frequenta la classe terza ed è il nuovo compagno di giochi di Figlio-uno, compagnia che contende con la temibile Angelina, da anni nuora della nostra, mantide del cortile e legionaria del parco giochi.
“Mh… e che cosa avrebbe fatto Angelina?”
“Mi ha molto offeso”.
“Addirittura? E in che modo ti avrebbe offeso?”
“Mi ha privato dei miei super-poteri”.
“Capisco” ha suggerito la nostra, mostrandosi onnicomprensiva davanti allo stress del piccolo super eroe.”E in base a quale potere ti avrebbe privato dei tuoi super-poteri?”
“E’ semplice. Lei dice di avere tutti i poteri del mondo. Io ne ho solo due: il potere supersonico e il potere sonico normale. Solo che il mio potere supersonico cancella tutti i suoi poteri, mentre lei con i suoi super-poteri ha detto di aver cancellato i miei.”
“Accidenti, e ci è riuscita?”
“Sì, per questo sono arrabbiato, perché non capisco perché i suoi super-poteri dovrebbero essere più potenti dei miei”.
Raperonzolo pondera attentamente la situazione. In ballo c’è una questione etica profonda. Due ottenni lottano per accaparrarsi un autoritarismo assoluto e incontrastato, fatto a base di poteri onniscenti e onnicomprensivi che possano affermarne lo status nel regno dell’immaginazione e oltre.
La nostra, piegata ad altezza di L., valuta se imbarcarsi in una disquisizione sul senso dell’amicizia, della collaborazione, del gioco di squadra, della condivisione e dell’armonia universale. Ma non ha ancora aperto bocca e L. è vicino alle lacrime.
“Bene, L., mi è venuta un’idea che potrebbe risolvere la questione.” Dice.
Gli occhi di L. si riempiono di speranza. Raperonzolo allora si issa a piena altezza, infila la mano in tasca e sfila il fischietto, poi appoggiandolo prima sulla spalla destra e poi sulla sinistra di L. dice:
“In base al potere e alla dignità conferitimi negli spazi infiniti di questo cortile t’investo con poteri supersonici e poteri sonoci normali. Ora vai, prode cavaliere del cibercortile e distruggi i nemici che minacciano la quiete dei nostri spazi”.
L. la guarda come chiedendosi se la madre del suo fedele amico abbia ancora tutte le rotelle a posto. Ci pensa un po’ su, poi la osserva inquieto.
“Grazie Mrs Rape’, ora però può andare a spiegarglielo anche ad Angelina?”

Catch 22

Gli inglesi hanno questo modo di dire, Catch 22, in italiano il cane che si morde la coda.
La cura dei bambini è per antonomasia Catch 22.
Per le mamme e i papà, per esempio, è fonte di dubbi amletici. Davanti al Pierino di turno stravaccato in terra urlante nel centro del supermercato, li osserviamo irrigidirsi come corde di violino zigano e ponderare nell’ ordine:
La sonora sculacciata…
No picchiare non è giusto, il bambino potrebbe traumatizzarsi e diventare un adulto depresso, e poi se qualcuno mi vede che figura ci faccio? E se qualcuno avvertisse i servizi sociali?
L’urlo di Tarzan…
No urlare non è giusto, la psiche e la dignità del bambino ne risulterebbero lese e potrebbe diventare un adulto psicolabile. E poi mi sentirebbero tutti, e se qualcuno avvertisse i servizi sociali?
Ignorare il bambino…
No ignorare non è giusto, il bambino sta attraversando un momento acuto di stress e ha bisogno di attenzione e conforto, potrebbe sentirsi negletto e crescere paranoico-schizofrenico. E poi mi giudicherebbero tutti come un genitore incurante della sofferenza altrui, essere crudele ed egoista. E se qualcuno avvertisse i servizi sociali?
Di solito, il conflitto amletico genitoriale lo risolve Pierino, il quale dopo dieci minuti buoni d’infruttuose convulsioni, tenta il tutto per tutto e con una manata scarica in terra mezza dozzina di barattoli di alici sott’olio. A quel punto il genitore, che fino ad allora ha cercato d’ignorare il pargolo, emette l’urlo di Tarzan, molla una sculacciata di quelle stratosferiche e esce imprecando trascinando Pierino per un braccio.
Se per il genitore è difficile, per persone che si occupano di bambini in veste professionale talvolta diventa un’impresa ai limiti dell’impossibile.
Nel Regno di Her Majesty, i casi di child abuse, che hanno fatto il giro del paese e del mondo sono stati di tale entità e portata da aver creato un limite di tensione e terrore pressoché assoluti. Questo perché hanno messo in rilievo tutti i difetti del sistema. Casi come quelli di Victoria Climbie e di Baby P, entrambi morti a causa delle ripetute percosse e abusi, malgrado le continue visite di medici e servizi sociali. Oppure il caso di Hollie e Jessica, rapite e uccise dal bidello della scuola con la complicità della sua fidanzata, insegnante nella stessa scuola. Ciascuno di questi casi ha contribuito a cambiamenti e restrizioni, la creazione di nuove figure professionali di raccordo tra le varie agenzie, e la necessità di continui CRB checks (Criminal Record Bureau), la fedina penale, per tutti coloro che entrino in contatto con dei bambini. Tutto giusto e a buon pro.
Però…
Succede che diventi lecito cambiare i pannolini ai bambini, ma non è più lecito cambiarli, pulirli, aiutarli o andare in bagno con loro se sono spannolinati. Ok, e che si fa con il bambino di 2 anni e mezzo, appena spannolinato che in bagno si sporca perché la fa mezza di qua e mezza di là, non riesce a pulirsi bene e non sa cambiarsi da solo?
Quando Figlio-uno era piccolo, in un nido privato, Rape’ fece presente (con shock) la questione, visto che il pargolo tornava in condizioni disperate. Ma non c’erano versi. Essendo senza pannolino, il personale non poteva toccarlo. Rischiavano accuse di child abuse. A Rape’ toccò rimettere il pannolino.
Poi con gli anni, i genitori che, come Rape’, trovavano la cosa assurda e paradossale devono essere stati molti e la legge cambiò. Nuove regole: il bambino sporco va cambiato e pulito, non importa quanti anni abbia, se non è in grado di farlo da solo va aiutato.
Se prima pulire il bambino era child abuse, ora child abuse è lasciare il bambino sporco.
Ma come si fa a pulire e cambiare un bambino senza toccarlo?
In passato, se un genitore era scontento e faceva delle rimostranze, la cosa veniva investigata internamente. Adesso, praticamente tutto viene passato ai servizi sociali, i quali per ogni menzione in cui il bambino potrebbe essere stato “toccato” (anche se gli si sono semplicemente cambiate le mutandine e al genitore non sta bene) aprono un’inchiesta e sospendono il personale.
Bambino sporco child abuse, bambino pulito child abuse. Catch 22.
In questo momento, nel solo Hertfordshire, ci sono oltre 2000 casi di sospetti child abuse investigati all’interno di strutture pubbliche e private, con relativa sospensione di personale. E’ il caos.
Rape’ a questo punto non è sicura se tale ammontare di assurdità siano conseguenza del paradosso del sistema o della pusillanimità spesso paranoica di alcuni genitori. Certo è che le due cose vanno di pari passo.
Alcuni giorni fa il Mr le ha detto che a Watford, qui in Hertfordshire, i genitori sono stati banditi da due parchi giochi e gli è impedito di supervisionare i propri bambini in quanto non hanno il CRB check .
“Mr, ma mi stai prendendo in giro? I genitori non possono entrare in un parco a controllare i propri bambini? Adesso per portare i bambini al parco devi fare il CRB check? Maddài!”
Il Mr era serissimo, allora Rape’ è andata a ricercarsi l’articolo: eccolo qui.

Stili di apprendimento

  • Parla in continuazione
  • Cerca di far ridere
  • Bravo a raccontare storie
  • Ama dilungarsi in spiegazioni
  • Ama recitare
  • Legge lentamente
  • Ha una pessima calligrafia e spesso rovescia le lettere
  • Ha una scarsa cognizione del tempo e dello spazio
  • Molto più intelligente di quanto rivelino i test
Recentemente Rape’ ha letto che i bambini hanno diversi stili di apprendimento e si dividono in: Visual learners, Auditory learners e Kinesthetic learners.
Quando si è imbattuta nella presente descrizione del Auditory learner per poco non casca dalla sedia. Se ci si fosse messa d’impegno lei a descrivere Figlio-uno non ci sarebbe riuscita con così tanta precisione.

Quello che Rape’…

Quello che Rape’ non aveva considerato è che sarebbe risultato difficile spiegare a Figlio-due che il telecomando della Wii non va esattamente:

a) leccato come un cono gelato
b) rosicchiato come un croccantino
c) dato in testa al fratello come una mazza
d) lanciato stile giavellotto

Difficile inoltre fargli capire che i circa otto tasti presenti in tale telecomando li può innocuamente premere tutti tranne uno, quello che spegne l’intera console.